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autore
brano
 
Livio
Ab urbe condita II, 36
 
originale
 
[36] Ludi forte ex instauratione magni Romae parabantur. Instaurandi haec causa fuerat. Ludis mane seruum quidam pater familiae, nondum commisso spectaculo, sub furca caesum medio egerat circo; coepti inde ludi, uelut ea res nihil ad religionem pertinuisset. Haud ita multo post Tito Latinio, de plebe homini, somnium fuit; uisus Iuppiter dicere sibi ludis praesultatorem displicuisse; nisi magnifice instaurarentur ii ludi, periculum urbi fore; iret, ea consulibus nuntiaret. Quamquam haud sane liber erat religione animus, uerecundia tamen maiestatis magistratuum timorque uicit, ne in ora hominum pro ludibrio abiret. Magno illi ea cunctatio stetit; filium namque intra paucos dies amisit. Cuius repentinae cladis ne causa ei dubia esset, aegro animi eadem illa in somnis obuersata species uisa est rogitare, satin magnam spreti numinis haberet mercedem; maiorem instare ni eat propere ac nuntiet consulibus. Iam praesentior res erat. Cunctantem tamen ac prolatantem ingens uis morbi adorta est debilitate subita. Tunc enimuero deorum ira admonuit. Fessus igitur malis praeteritis instantibusque, consilio propinquorum adhibito, cum uisa atque audita et obuersatum totiens somno Iouem, minas irasque caelestes repraesentatas casibus suis exposuisset, consensu inde haud dubio omnium qui aderant in forum ad consules lectica defertur. Inde in curiam iussu consulum delatus, eadem illa cum patribus ingenti omnium admiratione enarrasset, ecce aliud miraculum: qui captus omnibus membris delatus in curiam esset, eum functum officio pedibus suis domum redisse traditum memoriae est.
 
traduzione
 
36 Casualmente a Roma si stavano facendo i preparativi per ricominciare da capo i Ludi Magni. E li si ricominciava per questa ragione: la mattina dei giochi, prima dell'inizio dello spettacolo, un padrone non meglio identificato aveva fatto passare nel mezzo del circo uno schiavo con forca al collo e lo aveva frustato. I giochi erano poi cominciati, come se quell'episodio non avesse nulla a che vedere con l'aspetto cerimoniale della manifestazione. Non molto tempo dopo, un plebeo di nome Tito Latinio fece un sogno: vide Giove che gli diceva di non aver gradito il primo ballerino ai giochi e che la citt? sarebbe stata in pericolo se i giochi stessi non fossero stati ricominciati da capo in modo grandioso. Quindi gli disse di andare a riferire la cosa ai consoli. Bench? il suo animo non fosse esente da scrupoli religiosi, il timore reverenziale nei confronti dell'autorit? consolare ebbe in lui la meglio sulla paura di diventare lo zimbello di tutti. Questa esitazione gli cost? cara: nel giro di pochi giorni gli mor? un figlio. E perch? non ci fosse nessun dubbio sulla natura della disgrazia, nel pieno del lutto gli apparve di nuovo in sogno quella stessa figura che gli domand? se il suo disprezzo per la divinit? era stato adeguatamente ricompensato e gli disse che era previsto un rincaro della dose se non si fosse sbrigato a riferire ai consoli. La cosa incalzava ormai pericolosamente. Tuttavia insistette nell'indugiare, finch? lo colp? una malattia implacabile accompagnata da un'improvvisa debolezza. Solo allora l'ira degli d?i lo fece ragionare. Quindi, prostrato dalle disgrazie passate e presenti, convoc? una riunione di famiglia durante la quale espose ai congiunti ci? che aveva visto e sentito, e cio? le diverse apparizioni di Giove in sogno e le sue disgrazie personali seguite all'ira e alle minacce della divinit?. Quindi, con l'approvazione di tutti i parenti convenuti, si fece trasportare su una lettiga in foro davanti ai consoli, i quali gli concessero di entrare nella curia. L?, mentre tra lo stupore dei senatori ripeteva lo stesso racconto, ci fu un nuovo prodigio: si racconta che l'uomo, completamente paralizzato e trasportato a braccia in senato, una volta compiuta la propria missione, se ne torn? a casa con le proprie gambe.
 

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